1°marzo
1997, ricordando il Vescovo Eugenio Corecco
Questo testimone dice la verità
Omelia
di Mons. Franciszek Macharski, Arcivescovo di Cracovia, della celebrazione in
occasione del secondo anniversario della morte dì Mons. Corecco
Cari amici, ci troviamo insieme perché abbiamo trovato la risposta ad
una domanda: quale è il motivo per cui bisognava mettersi in cammino,
nell'anniversario della morte, nel secondo anniversario della morte, del nostro
comune Amico Eugenio Corecco, vescovo di Lugano.
Ciascuno di noi ha trovato un motivo particolare, una propria risposta. La mia
deve essere la risposta principale almeno in proporzione alla distanza geografica
tra Cracovia e Lugano.
Non mi bastava dire: vado perché gli volevo bene anche se questo potrebbe
bastare come giustificazione, poiché il cuore segue le proprie ragioni,
che non devono essere sminuite ad un semplice sentimentalismo.
Allora perché bisognava che io fossi qui insieme a voi?
Bisogna, è assolutamente indispensabile dire che essere qui è
un segno evidente e chiaro che questo testimone ha ragione! Questo testimone
dice la verità! La verità su Dio, cioé che Egli è,
che Egli in Gesù Cristo è 'Emmanuele: il Dio-con-noi, il Dio-con-l'uomo.
Monsignor Corecco rende testimonianza su Dio, che ha voluto venire al mondo
a Betlemme ed ha voluto rivelarsi come Dio-per-l'uomo e rimanere in questo modo
nella Chiesa. Eugenio Corecco "preso fra gli uomini" (Eb 5,1) ha assunto
la partecipazione al sacerdozio di Cristo ed è ritornato in mezzo agli
uomini - dall'inizio e fino alla fine - come educatore dei giovani ed, in seguito,
ancora fino alla fine, come pastore: sacerdote e vescovo.
Stando tra la gente sia giovane che adulta, era insieme a loro il cristiano
fervente ed appassionato e nello stesso tempo era per loro l'educatore, il pastore,
sempre il mistagogò: pronto ad introdurre gli altri nel Mistero di cui
lui stesso partecipava e viveva - non governava e non aveva le ricette pronte
per scopertine/coprire il Mistero, ma era al suo servizio-.
Si univa a quelli che camminavano lungo la strada, diventando il compagno di
viaggio, un pellegrino anche lui. Era sempre in grado di adeguarsi al ritmo
dei passi della vita degli altri, portando in quel ritmo la fede: la fede nel
Vangelo, l'affidamento al Vangelo. Rianimava la "communio" del Cristo
e degli uomini, mostrava come fare per accettare sempre più fedelmente
il dono della "comunione" liberante, che libera.
Cristo mandava don Eugenio sulle strade della vita degli uomini, sia nella Chiesa
sia nel mondo, perché l'avvenimento pasquale di Emmaus potesse durare:
Cristo che continua ad accompagnare i suoi discepoli e per loro diventa l'Eucaristia.
Parlo dell'unione intrinseca, interiore, dell'uomo educatore e pastore, e come
voi tutti, so benissimo
che Monsignor Corecco ha portato sempre in questa unione anche il suo farsi
servo della scienza e della cultura. Ha donato tutte le sue capacità
nell'insegnamento e nell'attività scientifica nel campo del diritto,
in modo particolare del diritto canonico ed alla sua nuovo codificazione, anzi
ha sacrificato tutto se stesso al servizio dell'intelletto e della fede.
La fede in Cristo e nella Sua Chiesa, cercava la ragione "fides quaerens
intellectum" e la necessità di comprendere l'uomo nella sua vita
sociale lo spingeva a ricercare la fede intellectus quaerens fidem". Tutto
questo si realizzava nel dialogo tra la fede e la cultura. Monsignor Corecco
creava tale clima di cultura in cui sempre rimaneva aperto lo spazio a quel
dialogo. Per questo ha voluto la sua Facoltà di Teologia a Lugano.
Amava la Chiesa che serviva: la Chiesa Universale con il "Pietro dei nostri
tempi", il Santo Padre. Amava tantissimo la Chiesa che vive a Lugano, le
sue comunità, le sue famiglie, le sue parrocchie, i suoi giovani ed adulti
ed i suoi sacerdoti.
Pongo una domanda: quale era l'esperienza esistenziale di quell'uomo il cui
nome era Eugenio? È
questa la domanda circa il suo misterioso incontro con Dio, il Dio che è
diventato il suo Dio-Emmanuele e dono, che ha superato tutti i doni e tutti
i tesori della natura.
Chiedo questo ma non lo chiedo a me, anche se lo chiedo per me e per gli amici.
Non è forse vero che il "segreto regale" viene svelato nel
momento più oscuro della vita? ... che la luce rifulga dalle tenebre
di questa notte che rimane sempre il mistero della croce? È
stato così. Questi sono stati gli anni dell'ultima malattia. La croce
diventava sempre più una realtà distruttiva e creatrice nello
stesso tempo. Il primo segno dell'alleanza che Dio aveva stipulato con l'uomo,
in Abramo, è stato l'arco sulle nubi, l'arcobaleno. Il segno dell'alleanza
definitiva che Dio ha stabilito con l'umanità intera è la croce
di Cristo. Da quel momento " la croce è per me l'arcobaleno, il
segno dell'alleanza".
Dio infinito è diventato un "essere finito" ed in Cristo l'amore
crocifisso. Egli, immensamente grande, oltre tutte le misure, ha fatto di se
stesso una misura; l'irraggiungibile è diventato la via al Padre, a Colui
che è la dimora. Cristo ha dato la vita perché il mondo avesse
la vita. Se fossi io per me stesso una misura ed un limite, cadrei e mi spaccherei
sul fondo della mia limitatezza insieme con tutta la mia costruzione interiore,
cieco e sordo a tutto quello che non fà parte di me.
Forse ha vissuto questo ed a questo ha pensato Monsignor Eugenio, quando la
malattia frantumava e consumava la costruzione della sua colonna vertebrale,
però nello stesso tempo cresceva "l'uomo interiore" per il
quale la croce di Cristo e la sua propria croce sono il segno dell'alleanza
pasquale. Nel tormento si compiva la fedeltà a Cristo che veniva per
prendere con sé il Suo amato Eugenio. Forse così pensava don Eugenio,
con la fiducia nella promessa che quando sarebbe partito, Cristo non ci avrebbe
lasciati soli come orfani ...
Siamo insieme, cari amici, e con la forza dello Spirito Santo ci fermiamo di
nuovo sulla porta dei nostri cenacoli, ma bisogna uscire ed entrare nel mondo
insieme con la Chiesa ... nel silenzio di Cristo che era, che è e che
verrà.